ODE ALL'INCENERITORE
C’è un luogo in laguna
che si chiama Fusina
dove s’erge un camino
che però non inquina.
Così ci hanno detto
e perché dubitare
di chi la salute
ci dovrà tutelare.
Un simbolo fallico
della nostra Regione.
Per chi ci guadagna
una grande erezione.
Ma c’è chi protesta
per la legge violata
e dice che l’aria
verrà avvelenata.
Ma son malelingue
e non voglion capire
che si brucian rifiuti
per il nostro avvenire.
Il solo interesse
è la nostra salute.
Nessun intrallazzo
per poterci lucrare,
basta fare attenzione
a non respirare.
Alla conferenza sul clima di Parigi (COP21) del dicembre 2015, 195 paesi, tra cui l’Italia, hanno adottato il primo accordo universale e giuridicamente vincolante sul clima mondiale. L’accordo definisce un piano d’azione globale inteso a rimettere il mondo sulla buona strada per evitare cambiamenti climatici pericolosi, limitando il riscaldamento globale ben al di sotto dei due gradi centigradi e mira ad essere un ponte tra le politiche odierne e la neutralità rispetto al clima entro la fine del secolo. Tra i vari argomenti ambientali/economici affrontati durante le giornate di Parigi, uno dei più discussi e, al termine, accettati da tutte la nazioni partecipanti è stata la riduzione dell’emissione in atmosfera di gas serra.
Nello specifico, i punti concordati dai governi sono stati: mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2° Centigradi rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine puntare a limitare l'aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo procedere successivamente a rapide riduzioni in conformità con le soluzioni scientifiche più avanzate disponibili.
Prima e durante la conferenza di Parigi, i paesi hanno presentato piani nazionali di azione per il clima completi (INDC). Questi non sono ancora sufficienti per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2ºC, ma l’accordo traccia la strada verso il raggiungimento di questo obiettivo.
Il 21 maggio 2020, la giunta regionale della Regione Veneto, in linea con quanto sopra riportato e nel totale rispetto delle linee guida stabilite con l’accordo di Parigi, ha approvato la Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A.) presentata da Veritas spa riguardante l’ampliamento dell’inceneritore di Fusina, esattamente la tipologia di impianto che, come noto a tutti, non produce nessun tipo di emissione in atmosfera.
La V.I.A., per i non addetti ai lavori (ma anche per gli addetti della Regione Veneto) è una procedura amministrativa di supporto per l'autorità competente (come Ministero dell'Ambiente o Regione) finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un'opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione.
Quindi, ricapitolando: Veritas spa società a capitale interamente pubblico i cui soci risultano essere 44 Comuni appartenenti al territorio metropolitano di Venezia e 7 Comuni della provincia di Treviso, con socio di maggioranza il Comune di Venezia e dunque, lo Stato, ha presentato alla Regione Veneto, cioè lo Stato, un documento per ottenere il permesso di ampliamento di un impianto per l’incenerimento di rifiuti (domestici ed industriali), dalla cui attività gli eventuali dividendi andrebbero a rimpinguare le casse degli azionisti, di nuovo lo Stato; cosa che la Regione, sempre lo Stato di prima, nella sua lungimiranza ha deciso di concedere.
A rigor di logica questo criterio, perlomeno sulla carta (riciclata), si fonda su di un concetto più che meritevole: lo Stato attraverso una determinata attività consente di generare degli introiti che i Comuni partecipanti potranno utilizzare per migliorare, si presume, i servizi ai cittadini.
Il problema sta, ovviamente, nel modo in cui vengo generati questi introiti. Un conto è ottenere dividendi dalle attività e i servizi di un parco naturale e un’altro conto è ottenerli attraverso un impianto che produce emissioni dannose per la salute dell’ambiente e quindi della popolazione.
Bisogna ammettere che è sempre particolarmente emozionante assistere al reiterarsi di certe abitudini, talmente consolidante nel tempo da essere divenute tradizioni, come quella dello Stato che valuta se stesso, sotto forma di azienda, in totale autonomia spesso dandosi ragione. Fulgido esempio di questa decennale tradizione è il rapporto tra Stato ed ENI (azienda a partecipazione statale), in particolare per la concessione di piattaforme di estrazione petrolifera nel mar adriatico.
Altro splendente risultato di questa tradizione è, per l’appunto, l’inceneritore di Fusina. Il progetto approvato dalla Regione Veneto per questo gioiellino di tecnologia ecocompatibile prevede nello specifico:
- la realizzazione di 3 FORNI con una potenza complessiva di 67,9 Mwt(Megawatt)
- l’autorizzazione a trattare ogni anno, a regime, 300.000 tonnellate di rifiuti da incenerire, a partire dalla lavorazione di 450000 tonnellate di rifiuto secco e altri materiali, 90.000 tonnellate di fanghi di depuratori e 40.000 tonnellate di percolati di discariche inquinati da PFAS.
- emissione fino a 5 miliardi di metri cubi di fumi contenenti polveri sottili e ultra sottili, ossidi di azoto, diossine, PFAS e altre sostanze cancerogene.
- scaricare 260.000 metri cubi di acqua contaminata.
- lo smaltimento in discariche speciali di 70.000 ton di scarti, scorie e ceneri tossiche.
- raccogliere rifiuti da tutto il Veneto.
Il tutto, ben si intende, realizzato e perfettamente integrato nell’oasi naturalistica del petrolchimico di Marghera, divenuta ormai da anni un esempio di tutela della salute e dell’ambiente.
Tuttavia, come sempre accade, alcuni cittadini (alcune migliaia) riunitisi in comitati, hanno avuto l’arroganza di sollevare perplessità riguardo alcuni non ben precisati effetti negativi che, a detta loro, tali emissioni potrebbero avere sulla salute della popolazione presentando oltretutto (e non c’è limite alla sfacciataggine) studi che, sempre a detta loro, confermerebbero quanto sostenuto e che proporrebbero metodi alternativi e a basso impatto ambientale per lo smaltimento dei rifiuti. Come se non bastasse, lo zelo di questi individui non si è limitato unicamente alle solite, goliardiche e colorite manifestazioni di protesta ma si è esteso fino ad arrivare a richiedere che la V.I.A. presentata da Veritas spa (ricordate lo Stato?) venisse vagliata dalla commissione V.I.A. nazionale, la quale non ha null’altro da fare che seguire certi deliranti complottismi. Motivo della richiesta sarebbe, tra i vari punti, la contestazione del fatto che la Valutazione di Impatto Ambientale deve prendere in considerazione la totalità della potenza dell’impianto mentre la commissione Regionale avrebbe tenuto conto solo di due forni in quanto il terzo, come indicato da Veritas spa, verrebbe costruito solo per essere utilizzato in caso di emergenza o di reale necessità. Come se non fosse noto anche ai bambini che è normale prassi spendere 25 milioni di euro per costruire un forno da 20 MWt da tenere fermo. Quindi: i cittadini che sarebbero, almeno secondo un testo di cui al momento non ci sovviene il nome, lo Stato reale, hanno chiesto ai rappresentati e facenti funzione di loro stessi, di riconsiderare un progetto che metterebbe a rischio la salute di migliaia di persone a causa di un progetto presentato da un’azienda il cui socio è lo Stato. E lo Stato, in quanto rappresentante dei cittadini ha risposto a se stesso tramite una approfondita analisi che può essere riassunta con: ESTICAZZI? rimettendo il tutto nelle mani della Regione Veneto che, con estrema solerzia, visto anche il tempo libero durante la pandemia, ha approvato il progetto dell’inceneritore.
Tenendo conto che i 51 comuni facenti parte di Veritas spa, ad esclusione di Chioggia e Vigonovo, hanno espresso parere favorevole all’ampliamento dell’inceneritore di Fusina (ovviamente per motivi legati esclusivamente al benessere della popolazione) è facile immaginare che nei prossimi anni tra la cittadinanza (quella ancora sana) potremmo avere dei veri e propri campioni di apnea che potranno darci grandi soddisfazioni in ambito internazionale. Ovviamente, ad esclusione di parenti e amici dei sindaci dei suddetti Comuni i quali, per questioni evolutive, pare nascano già con dei filtri innestati lungo la trachea.
Cauterio
Fonti
Stiamo vivendo giorni decisamente complicati, al limite del surreale. Le immagini spettrali di città vuote senza vita ci trasmettono la stessa sensazione di solitudine che provano i neuroni nel cervello di Luca Zaia.
Attualmente la situazione indica che ci sono due specie che si stanno contendendo il dominio del pianeta. Di queste, l’una si trova sulla terra da più di tre miliardi di anni, è invisibile, veloce, determinata, altamente specializzata ma al contempo estremamente adattabile, non è caratterizzata da alcuna forma di ragionamento o sensibilità ed il suo unico scopo è un istinto ancestrale antico quanto l’universo: riprodursi. E non si fermerà. L’altra, siamo noi. Noi che come specie ci muoviamo su questa palla di fango da meno di trecentomila anni e annoveriamo tra i nostri risultati evolutivi soggetti come Matteo Salvini, la religione, Donald Trump, i terrapiattisti, Nicola Zingaretti*, la musica trap, e molti altri abomini. A metterla su un confronto evolutivo non avremmo speranza. Ciò che noi, giustamente, con visione antropocentrica definiamo pandemia, per “colui” che sta dall’altra parte è un tentativo di colonizzazione scaturito, lo ripetiamo, da una necessità unica e fondamentale: riprodursi. E non si fermerà. Ma la natura, che sa essere bastarda ma anche magnanima, nella sua lungimiranza ha concesso a molti di noi un intelletto (o perlomeno una parvenza).Questa capacità di elucubrazione che spesso nella storia dell’umanità ha portato più danni che benefici ora è l’unica risorsa che ci separa dalla prospettiva di un tracollo planetario senza precedenti. E a buttare uno sguardo sul nostro passato comprendiamo come la cosa non sia per nulla rassicurante. Dobbiamo comprendere ora, subito, che siamo di fronte ad un tentativo di invasione ed il fatto che si tratti di una specie profondamente diversa dalla nostra non fa alcuna differenza. E se è un’invasione (e lo è) allora significa che oggi tutti noi, che lo vogliamo o no, ci troviamo nel bel mezzo di una guerra. Dobbiamo comprendere ed imparare. Dobbiamo imparare a conoscere il nemico e a rispettarlo perché se lo sottovalutiamo si diffonderà, ci userà e ci sfrutterà per i suoi scopi (e non è una digressione sul capitalismo). Dal nostro nemico dobbiamo apprendere le tattiche di combattimento, e non ci riferiamo al parassitare altri organismi (specialità in cui siamo anche noi ben evoluti) ma nel essere coesi nel perseguire un medesimo scopo che nel nostro caso è: respingerlo. Dobbiamo comprendere che le nostre armi sono il mantenere le distanze, l’igiene e il rispetto di tutte le regole per evitare il contagio. Dobbiamo capire che l’arma principale del nostro nemico non è la letalità ma la viralità e non è un fashion blogger. Al momento le persone senza particolari complicazioni guariscono ma il rischio è che se prendesse il sopravvento e si superasse una certa soglia di soggetti infetti, il contatto prolungato con persone malate debiliterebbe anche gli individui più resistenti perché non guarirebbero più. Dobbiamo imparare ad attingere alla nostra memoria ancestrale e risvegliare un istinto di sopravvivenza anestetizzato dalla convinzione scellerata di essere in cima alla catena alimentare. Dobbiamo resistere come fecero le nostre donne e i nostri uomini ottant’anni fa. Con la differenza che alla fine non potremmo toglierci la soddisfazione di appenderlo per i piedi. Se saremo uniti nei nostri intenti ne usciremo, diversamente il rischio è di finire nel caos.
E quando tutto sarà finito, forse impareremo (forse) che non siamo superiori a qualsiasi altra forma di vita presente nell’universo, sopratutto alcuni di noi; che non siamo esenti dalle regole della natura; che vivere in armonia e nel rispetto dei nostri simili e di tutto ciò che ci circonda non è una banale filosofia newage ma l’unica via per sopravvivere; che andare a rompere i coglioni in giro per il mondo, invadere, violentare, distruggere ecosistemi senza alcuna remora può facilmente metterci faccia a faccia con esseri viventi che non conosciamo e, altrettanto facilmente, trasformarci da presuntuosi e feroci predatori a spaventate prede inermi o, detto usando una metafora, trovare qualcuno o qualcosa che ci rompa il culo.
E comunque poteva andare peggio, potevamo essere inglesi.
*Sulla reale appartenenza di Nicola Zingaretti al genere umano esistono al momento diverse teorie alcune delle quali lo porrebbero in realtà nella famiglia degli invertebrati.